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STORIA ISEE

    Storia ISEE       L’indicatore della situazione economica è strettamente collegato al diritto allo studio universitario. E’ infatti pr...

domenica 8 novembre 2020

IL NUOVO ISEE - DPCM 159/2013 - Breve storia e nuovo calcolo

 

2.1    Il DPCM 159/2013

Il punto di riferimento della riforma, cioè il suo macro obiettivo, è quello di garantire maggiore equità sociale nell’accesso alle prestazioni cercando di fotografare in maniera più veritiera la condizione economica delle famiglie e quindi risolvendo i punti critici della precedente normativa: la mancata inclusione dei redditi non soggetti all’IRPEF con conseguente sottostima della capacita reddituale, un patrimonio che tendeva ad essere nullo per le alte detrazioni, e la tendenza a presentare dichiarazioni mendaci sia relativamente ai redditi e sia, con più frequenza, relativamente al patrimonio mobiliare.

Di seguito si descrive sinteticamente l’iter che ha portato alla riforma e, brevemente, i dati aggiunti con le nuove disposizioni, in quanto un dettagliato approfondimento del DPCM esula dal principale scopo di questo lavoro.

Il primo passo legislativo è stato l’emanazione del D.L. 201/2011[1] che, modificato in sede di conversione in legge, all’art. 5 ha fissato gli obiettivi della riforma e ha disposto che con un DPCM fossero riviste “le modalità di determinazione e i campi di applicazione dell'indicatore della situazione economica equivalente (ISEE) al fine di: adottare una definizione di reddito disponibile che includa la percezione di somme, anche se esenti da imposizione fiscale, e che tenga conto delle quote di patrimonio e di reddito dei diversi componenti della famiglia nonché dei pesi dei carichi familiari, in particolare dei figli successivi al secondo e di persone disabili a carico; migliorare la capacità selettiva dell'indicatore, valorizzando in misura maggiore la componente patrimoniale sita sia in Italia sia all'estero, al netto del debito residuo per l'acquisto della stessa e tenuto conto delle imposte relative; permettere una differenziazione dell'indicatore per le diverse tipologie di prestazioni. […] Con decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, […], sono definite le modalità con cui viene rafforzato il sistema dei controlli dell'ISEE, anche attraverso la condivisione degli archivi cui accedono la pubblica amministrazione e gli enti pubblici […]”.

L’approvazione del DPCM 159/2013 ha quindi segnato la riforma ISEE anche se l’operatività è poi slittata al primo gennaio 2015, a causa della tardiva approvazione dei nuovi modelli della dichiarazione sostitutiva unica da parte del Ministero del lavoro e delle politiche sociali.

Prima di passare al contenuto strettamente legato al calcolo è da evidenziare almeno quattro aspetti generali:

-          Il DPCM stabilisce che la determinazione e l'applicazione dell'indicatore ai fini dell'accesso alle prestazioni sociali agevolate costituisce livello essenziale delle prestazioni, ai sensi dell'articolo 117, secondo comma, lettera m) della Costituzione;

-          viene ridotta la quantità di dati che il sottoscrittore della DSU deve dichiarare, grazie all’acquisizione dall’Agenzia delle Entrate del reddito della dichiarazione dei redditi (se presentata) e dei dati provenienti dalla banca dati INPS per i nuovi redditi aggiunti;

-          sono stati introdotti controlli formali da parte dell’Agenzia delle Entrate sia sul patrimonio mobiliare che sui redditi, il cui esito, se rileva difformità, viene segnalato sull’attestazione;

-          attraverso il targeting sono stati previsti una pluralità di ISEE, tra i quali quello specifico per il diritto allo studio universitario che ha particolari disposizioni per la dichiarazione del nucleo familiare e che ha recepito quasi esattamente le previsioni del DPCM del 9 aprile 2001 relativamente allo studente indipendente (rinominato autonomo).

Le modalità di calcolo non hanno subito modifiche e la formula (1) resta valida anche dopo la riforma, con l’eccezione del caso in cui deve essere sommata la componente aggiuntiva. Detta componente si ha nel caso in cui il genitore dello studente non sia convivente e non sia coniugato con l’altro genitore, ma è coniugato (o ha figli) con una persona diversa dall’altro genitore (dello studente); deve quindi essere calcolata una quota di ISEE derivante dai soli redditi e patrimoni di tale genitore che va ad aggiungersi all’ISEE dello studente.

Variano notevolmente, invece, i contenuti delle singole voci. Di seguito viene riportato il metodo di determinazione delle principali quattro voci di sintesi dell’attestazione, così come risulta modificato dalle novità introdotte con il  D.L. 42/2016[2].

1)      Calcolo ISP riformato

Il patrimonio immobiliare complessivo, si ottiene sommando tutti i valori dei singoli cespiti, detraendo dal valore di ciascun fabbricato l’eventuale debito residuo per mutui contratti per l’acquisto o la costruzione. Se un immobile è adibito a casa di abitazione, dal valore può essere detratta una franchigia di 52.500,00 euro, incrementata di 2.500,00 euro per ogni figlio convivente dal terzo in poi e l’eventuale valore eccedente va computato per un terzo; se presente un mutuo residuo, tale valore deve essere detratto prima dell’applicazione della franchigia.

Il patrimonio mobiliare complessivo si ottiene sommando quelli dei singoli individui e detraendo dal totale una quota forfettaria di 6.000,00 euro incrementata di 2.000,00 euro per ogni componente del nucleo familiare oltre il primo e fino ad un massimo di 10.000,00. La detrazione può poi essere ulteriormente incrementata di 1.000,00 euro per ogni figlio convivente oltre il secondo.

Ogni detrazione è sempre fino alla concorrenza del valore.

2)      Calcolo ISR riformato

L’indicatore della situazione reddituale è dato dalla somma dei redditi di ciascun componente il nucleo familiare e del rendimento del patrimonio mobiliare totale lordo. Dalla somma viene detratto, in caso di abitazione principale in affitto, il canone di locazione, nella misura massima di 7.000,00 euro, incrementata di 500,00 euro per ogni figlio convivente oltre il secondo e fino a concorrenza del valore.

3)      Calcolo ISE e ISEE riformati

Il calcolo dell’ISE e dell’ISEE si ottengono come per la precedente normativa.

La scala di equivalenza resta identica a quella della tabella 1, mentre variano le eventuali maggiorazioni che sono indicate di seguito alla voce composizione nucleo del familiare.

Anche con l’ISEE riformato gli indicatori sono determinati grazie alla dichiarazione resa ai sensi degli artt. 46 e 47 del DPR 445/2000, tuttavia, come già indicato, non più tutti i dati sono oggetto di autocertificazione. Di seguito si riportano le principali informazioni relative ai dati necessari al calcolo degli indicatori, in particolare con riferimento al caso dell’ISEE previsto per il diritto allo studio universitario che differisce dagli altri ISEE per la determinazione del nucleo familiare e rinviando al prosieguo del presente lavoro, quando occorre un maggior dettaglio nelle informazioni.

a) Composizione del nucleo familiare.

Vanno indicate le persone presenti nello stato di famiglia, le persone a loro carico ai fini IRPEF, il coniuge non convivente e non separato anche quando è iscritto nell’anagrafe dei cittadini italiani residenti all’estero (AIRE). Va poi indicato – quindi attratto nel nucleo – il genitore non convivente e non coniugato con l’altro genitore che abbia riconosciuto come figlio lo studente richiedente la borsa di studio, con alcune condizioni: principalmente che non sia coniugato o che non abbia figli con persona diversa dall’altro genitore dello studente. Lo studente autonomo, cioè residente fuori dall’unità abitativa della famiglia di origine da almeno due anni, in alloggio non di proprietà di un suo membro e che presenta adeguata capacità di reddito (almeno 9.000 euro/anno, come definito dal Decreto Ministeriale n. 1320 del 17-12-2021 art.3), può prescindere dal nucleo familiare dei genitori, altrimenti deve essere attratto in tale ultimo nucleo.

Rientrano nel nucleo familiare i soggetti in convivenza anagrafica (coloro che risiedono stabilmente in istituti religiosi, in istituti assistenziali o di cura, in caserme o in istituti di detenzione) nel caso siano coniugati con soggetti presenti nell’ISEE o siano figli minori dei genitori dello studente (per ognuno di questi soggetti è prevista la maggiorazione della scala di equivalenza di 1 punto).

Devono poi essere indicate alcune situazioni se presenti: se vi sia uno o più soggetti in condizione di disabilità (0,50 di maggiorazione della scala di equivalenza); se vi siano figli minori ed uno solo dei loro genitori (0,20 di maggiorazione della scala di equivalenza o 0,30 con figli di età inferiore a tre anni); se in presenza di figli minori entrambi i genitori (o l’unico genitore presente) abbiano svolto attività di lavoro o di impresa per almeno sei mesi (0,20 di maggiorazione della scala di equivalenza o 0,30 con almeno un figlio di età inferiore a tre anni).

Va poi indicato il numero dei figli conviventi in quanto vi sono ulteriori maggiorazioni: 0,2 in caso di nuclei familiari con tre figli, che diventa 0,35 in caso di quattro figli e poi 0,5 in caso di almeno cinque figli.

b) Redditi

I redditi adesso sono riferiti a due anni precedenti la sottoscrizione della DSU. Rispetto al precedente ISEE sono stati aggiunti: ogni componente reddituale esente da imposta; i redditi da lavoro dipendente prestato all'estero e tassati esclusivamente nello stato estero; gli assegni effettivamente percepiti per il mantenimento dei figli in caso di separazione/divorzio; i trattamenti assistenziali, previdenziali e indennitari, a qualunque titolo percepiti da amministrazioni pubbliche (es. le borse di studio); i redditi fondiari relativi ai beni non locati soggetti alla disciplina dell'IMU, mentre sono esclusi i trattamenti percepiti in ragione della condizione di disabilità.

Per ogni individuo è adesso possibile sottrarre la quota del 20% dei redditi da lavoro dipendente (comunque non oltre 3.000,00 euro), la quota del 20% dei redditi da pensione e dei trattamenti assistenziali, previdenziali e indennitari (comunque non oltre 1.000,00 euro) che è però alternativa a quella sui redditi da lavoro dipendente (se sono compresenti).

E’ poi possibile detrarre le spese relative alla situazione di disabilità, sanitarie, mediche e di assistenza specifica, certificate a fini fiscali (non oltre 5.000,00 euro) e gli assegni corrisposti al coniuge e per il mantenimento dei figli in seguito alla separazione/divorzio.

c) Patrimonio mobiliare

Per il patrimonio mobiliare sono confermate le componenti già previste dalla precedente normativa, ad eccezione dei depositi e conti correnti bancari e postali per i quali va indicato oltre al saldo al 31 dicembre dell’anno precedente a quello di presentazione della DSU anche il valore della consistenza media annua riferita al medesimo anno (utilizzando tra i due, il valore più alto).

d) Patrimonio immobiliare             

Rispetto alla precedente normativa adesso per ogni componente va indicato il valore ai fini IMU[3] (e non più ICI) della quota di proprietà dei singoli fabbricati o terreni posseduti alla data del 31 dicembre dell’anno precedente la sottoscrizione della DSU.

Devono essere indicati, inoltre, gli immobili posseduti all’estero per i quali va indicato il valore indicato nel contratto di acquisto o in sua assenza il valore di mercato.

Recentemente la disciplina ISEE è stata interessata da una modifica ad opera del D.Lgs. 147/2017[4], dove all’art. 10 ha previsto “l’ISEE precompilato”. Non sono più oggetto di dichiarazione, oltreché i redditi presenti nella dichiarazione dei redditi, anche i fabbricati e i terreni (purché sia stata già presentato un ISEE in precedenza) nonché, in futuro, le informazioni sui saldi e sulle giacenze medie del patrimonio mobiliare dei componenti il nucleo familiare. 

 


 



[1] Decreto legge 6 dicembre 2011, n. 201, “Disposizioni urgenti per la crescita, l’equità e il consolidamento dei conti pubblici”, convertito con modificazioni dalla Legge. 22 dicembre 2011, n. 214.

[2] Decreto legge 29 marzo 2016, n. 42, “Disposizioni urgenti in materia di funzionalità del sistema scolastico e della ricerca” convertito con modificazioni dalla legge 26 maggio 2016 , n. 89.

Questo D.L. ha recepito le sentenze del Consiglio di Stato, nn. 841, 842 e 838 del 2016, che: hanno escluso dal computo reddito i trattamenti assistenziali, previdenziali e indennitari, comprese le carte di debito, a qualunque titolo percepiti da amministrazioni pubbliche in ragione della condizione di disabilità; hanno annullato le detrazioni relative alle spese per i servizi di collaboratori domestici e addetti all’assistenza personale, sia sostenute direttamente sia acquisiti presso enti fornitori, della retta per l’ospitalità alberghiera, nonché delle franchigie originariamente previste per la disabilità e ha ripristinato la maggiorazione dello 0,5 del parametro della scala di equivalenza per ogni componente disabile presente nel nucleo familiare.

[3] L’imposta municipale unica – IMU – è stata introdotta per la prima volta dall'art. 8 del decreto legislativo del 14 marzo 2011,  n. 23 recante "disposizioni in materia di federalismo fiscale municipale", e la sua entrata in vigore prevista inizialmente per il 2014, è stata anticipata al 2012 dall'art. 13 del decreto legge 6 dicembre 2011, n. 201 recante 'Disposizioni urgenti per la crescita, l’equità e il consolidamento dei conti pubblici', convertito con modificazioni dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214. Con l’IMU i moltiplicatori variano da 55 a 160.

[4] Decreto legislativo 15 settembre 2017, n. 147, “Disposizioni per l'introduzione di una misura nazionale di contrasto alla povertà.”

[5] A fine aprile 2018 non risultano approvati né il provvedimento congiunto del Direttore dell'INPS e del Direttore dell'Agenzia  delle entrate, che individua le modalità tecniche per l’accesso alla dichiarazione  precompilata resa disponibile in via telematica dall'INPS, né il decreto  del Ministro del lavoro e delle politiche sociali,  di  concerto  con  il Ministro dell'economia e delle finanze, che stabilisce la data dalla quale è possibile, in  via  sperimentale  per  un  periodo  di almeno  sei mesi, accedere alla modalità precompilata e le componenti della DSU che restano interamente autodichiarate.

Il sistema previgente la riforma del DPCM 159/2013

 

Il sistema previgente la riforma del DPCM 159/2013

L’ISEE è dunque stato inserito nell’ordinamento giuridico nel 1998 dapprima in via sperimentale e poi integrato e modificato dal D.Lgs. 130/2000[1], che “ha modificato l’impostazione originariamente flessibile dell’ISEE, fornendo una definizione più rigida dello strumento in risposta all’esigenza di uniformare i criteri di prova dei mezzi espressa dalla stessa Commissione Onofri” (Betti, 2011, pag. 2), restando così in vigore fino alla riforma del 2013, eccetto poche modifiche apportate dalla L. 183/2010[2], in particolare con l’art. 34, disponendo la dichiarazione di alcune nuove componenti del reddito, oltre a quelle già previste e la previsione di controlli da parte della guardia di finanza.

Relativamente alle prestazioni per il diritto allo studio universitario è stato il DPCM  9 aprile 2001[3] – terzo ed ultimo approvato ai sensi della legge 390/1991 – che ha stabilito che le “condizioni economiche dello studente sono individuate sulla base dell'indicatore della situazione economica equivalente, di cui al D.Lgs. 109/1998”; con la particolarità del caso dello studente indipendente (riconosciuto nel decreto ISEE del 1998 all’art. 3 comma 2 bis dove aveva previsto che “il nucleo familiare del richiedente può essere integrato […] con quello di altro soggetto, che è considerato […] sostenere l'onere di mantenimento del richiedente) che adesso doveva essere residente fuori dal nucleo familiare di origine da almeno due anni e non più da uno e avere un reddito proprio derivante da lavoro (e non da rendite) di almeno 6.500,00 euro.

L’ISEE era – ed è – una combinazione lineare di redditi e patrimoni, che può essere riassunto nella seguente formula:

 

 


dove:

R = reddito;

r= rendimento patrimonio mobiliare

D= detrazione canone locazione,

α= coefficiente pari a 0,20

PM= patrimonio mobiliare

Dpm= detrazione patrimonio mobiliare

PI= patrimonio immobiliare

Dpi= detrazione patrimonio immobiliare,

SE= scala di equivalenza che varia in funzione di:

n (numero componenti nucleo familiare)

x (determinate caratteristiche del nucleo familiare)

 

La formula (1) può essere espressa sinteticamente con:

  


Dove gli acronimi corrispondono a :

ISR =  indicatore della situazione reddituale

ISP = indicatore della situazione patrimoniale

ISE = indicatore della situazione economica

L’altro valore rilevante ai fini dell’attribuzione dei benefici del diritto allo studio è il valore ISPE, che non compare nell’attestazione ISEE ma che è facilmente determinabile:

                                                    


Di seguito il metodo di determinazione delle principali quattro voci di sintesi dell’attestazione.

1)      Calcolo ISP

L’ISP si ottiene sommando il patrimonio immobiliare e quello mobiliare.

Il patrimonio immobiliare complessivo, si ottiene sommando tutti i valori dei singoli cespiti, fabbricati e terreni, detraendo dal valore di ciascun fabbricato l’eventuale debito residuo del mutuo contratto per il suo acquisto o la sua costruzione e fino a concorrenza del valore. Se un immobile è adibito a casa di abitazione, dal valore può essere detratta una franchigia fino 51.645,70 euro, alternativamente al mutuo residuo al 31 dicembre e sempre fino a concorrenza del valore.

Il patrimonio mobiliare complessivo si ottiene sommando quelli dei singoli individui e detraendo dal totale una quota forfettaria di 15.493,71 euro fino a concorrenza del valore.

2)      Calcolo ISR

L’indicatore della situazione reddituale è dato dalla somma dei redditi di ciascun componente il nucleo familiare e dal rendimento del patrimonio mobiliare totale lordo (applicando il tasso di interesse medio annuo dei titoli decennali del Tesoro, pubblicato annualmente dal Ministero del Tesoro). Dalla somma viene detratto, in caso di abitazione principale in locazione, il relativo canone, nella misura massima di 5.164,57 euro.

3)      Calcolo ISE e ISEE

L’ISE è ottenuto dalla somma dell’ISR e del 20% dell’ISP e da tale somma si ottiene l’ISEE dividendo per la scala di equivalenza.

La scala di equivalenza (tabella 1) è composta dal parametro legato alle condizioni demografiche e dalle eventuali maggiorazioni legate a determinate condizioni socioeconomiche, indicate di seguito alla voce composizione nucleo del familiare.

 

 Tabella 1 - scala di equivalenza

Numero dei componenti

Parametro

1

1

2

1,57

3

2,04

4

2,46

5

2,85

N

2,85 + [0,35 X (n - 5)]

Fonte: D.Lgs. 109/1998

 

Con l’ISEE previgente, quindi, gli indicatori sono determinati grazie alla dichiarazione sostitutiva unica (DSU), resa dal sottoscrittore ai sensi degli artt. 46 e 47 del DPR 445/2000[4], di tutti i dati necessari, che vengono riportati in forma essenziale e suddivisi in 4 punti.

a) Composizione del nucleo familiare.

Devono essere indicate le persone presenti nello stato di famiglia, le persone a loro carico ai fini IRPEF, il coniuge non convivente e non separato. Devono poi essere indicate alcune situazioni eventualmente presenti: se è presente uno o più soggetti in condizione di disabilità (0,50 di maggiorazione della scala di equivalenza); se vi sono figli minori ed uno solo dei loro genitori (0,20 di maggiorazione della scala di equivalenza); se in presenza di figli minori entrambi i genitori (o l’unico genitore presente) abbiano svolto attività di lavoro o di impresa per almeno sei mesi (0,20 di maggiorazione della scala di equivalenza).

b) Redditi

Per ogni componente deve essere dichiarato – se esistente – il reddito complessivo ai fini IRPEF presente dichiarazione dei redditi o nell’ultima certificazione unica dei dipendenti (CUD) e i proventi derivanti da attività agricole, svolte anche in forma associata, per le quali sussiste l’obbligo alla presentazione della dichiarazione IVA (redditi agrari), relativi all’anno precedente la sottoscrizione della DSU. A questi redditi furono aggiunti – a partire dal 2011, con la L. 183/2010 –  i redditi da lavoro dipendente o d’impresa assoggettati ad imposta sostitutiva.

c) Patrimonio mobiliare

Per ogni componente, va indicato il valore complessivo del patrimonio mobiliare posseduto alla data del 31 dicembre dell’anno precedente la sottoscrizione della DSU, che include: depositi e conti correnti bancari e postali, titoli di Stato, obbligazioni, certificati di deposito e credito, buoni fruttiferi ed assimilati, partecipazioni azionarie in società quotate e partecipazioni in società non azionarie, per le quali va assunto il valore della frazione del patrimonio netto, patrimonio netto delle imprese individuali, e altre voci meno frequenti come masse patrimoniali, costituite da somme di denaro o beni non relativi all’impresa, o altri strumenti e rapporti finanziari, nonché contratti di assicurazione mista sulla vita.

d) Patrimonio immobiliare             

Per ogni componente va indicato il valore ai fini ICI[5] della quota di proprietà dei singoli fabbricati o terreni posseduti alla data del 31 dicembre dell’anno precedente la sottoscrizione della DSU e il valore della quota capitale residua dell’eventuale mutuo contratto per ogni singolo fabbricato e infine, se si tratta della casa di abitazione del nucleo.



[1] Decreto legislativo 3 maggio 2000, n. 130 “Disposizioni correttive ed integrative del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 109, in materia di criteri unificati di valutazione della situazione economica dei soggetti che richiedono prestazioni sociali agevolate”.

[2] Legge 4 novembre 2010, n. 183, “Deleghe al Governo in materia di lavori usuranti, di riorganizzazione di enti, di congedi, aspettative e permessi, di ammortizzatori sociali, di servizi per l'impiego, di incentivi all'occupazione, di apprendistato, di occupazione femminile, nonché' misure contro il lavoro sommerso e disposizioni in tema di lavoro pubblico e di controversie di lavoro”.

[3] Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 9 aprile 2001, “Uniformità di trattamento sul diritto agli studi universitari, ai sensi dell'articolo 4 della legge 2 dicembre 1991, n. 390".

[4] Decreto del Presidente della Repubblica 28 dicembre 2000, n. 445 , "Disposizioni legislative in materia di documentazione amministrativa

[5] L’imposta comunale sugli immobili – ICI – è stata introdotta dal decreto legislativo del 30 dicembre 1992, n. 504 e prevede la determinazione della base imponibile, cioè del valore ICI degli immobili, applicando all'ammontare delle rendite risultanti in catasto i moltiplicatori determinati con i criteri e le modalità previsti dal primo periodo dell'ultimo comma dell'articolo 52 del testo unico delle disposizioni concernenti l'imposta di registro, approvato con decreto del Presidente della Repubblica 26 aprile 1986, n. 131, rivalutatati con vari interventi legislativi successivi. I moltiplicatori variavano da 34 a 100 a seconda delle categorie catastali.

STORIA ISEE

 

 Storia ISEE     

L’indicatore della situazione economica è strettamente collegato al diritto allo studio universitario. E’ infatti proprio nell’ambito della concessione delle borse di studio erogate dall’Opera universitaria di Trento che, su proposta di Gianfranco Cerea, fu abbandonato il criterio di basarsi esclusivamente sul reddito IRPEF introducendo, nei criteri di valutazione della condizione economica della famiglia dello studente, il patrimonio mobiliare e quello immobiliare, che dovevano essere autodichiarati dallo studente.

Il criterio dell’Opera universitaria di Trento fu poi esteso a livello nazionale e sempre nell’ambito del diritto allo studio universitario. Fu infatti la L. 537/1993[1] a stabilire che “l'individuazione delle condizioni economiche [degli studenti] va effettuata tenendo conto anche della situazione patrimoniale del nucleo familiare.”

La ratio che ha portato a considerare il patrimonio nel calcolo della valutazione della condizione economica è che tale componente di benessere può liquidata contribuendo al benessere della famiglia e, inoltre, può risolvere i problemi di asimmetrie informative, indicando casi di “occultamento di reddito da parte del richiedente il beneficio” (Baldini e Toso, 2000).

Il DPCM del 13 aprile 1994[2] – approvato ai sensi dell’art. 4 della L. 390/1991 , che però non contemplava il patrimonio – prevedeva quindi dei dettagliati criteri per la valutazione delle condizioni economiche. Veniva così previsto che, oltre al reddito, sia gli elementi mobiliari che quelli immobiliari dovevano far parte dei criteri di valutazione, “con l'intento di escludere dagli interventi [per il diritto allo studio] le situazioni in cui il nucleo familiare registra un patrimonio particolarmente elevato, anche indipendentemente dall'ammontare del reddito”. Venivano stabiliti i criteri per la determinazione del nucleo familiare e prevista la casistica dello studente indipendente, che poteva prescindere dalle condizioni economiche dei genitori sulla base della residenza, del patrimonio e del reddito e rinviando alle condizioni che le regioni avrebbero poi stabilito.

La proposta di utilizzare uno strumento di valutazione della ricchezza, che andasse oltre il mero dato reddituale, fu fatta, nel 1997, dalla Commissione per l’analisi delle compatibilità macroeconomiche della spesa sociale, istituita dal Governo e detta Commissione Onofri, che proponeva di “ridefinire e uniformare i criteri di misura e accertamento dei mezzi a cui è subordinata l’erogazione delle prestazioni di sicurezza sociale e più in generale dei servizi pubblici”, in modo da trovare un “[equilibrio] fra universalismo, quanto ai beneficiari, e selettività, quanto all’erogazione delle prestazioni”.

Questa proposta fu recepita dal legislatore che inserì nella L. 449/1997[3], all’art. 50 comma 51, una delega al Governo per l’emanazione di “uno o più decreti legislativi per la definizione […] di criteri unificati di valutazione della situazione economica dei soggetti che richiedono prestazioni sociali agevolate nei confronti di amministrazioni pubbliche”. L’esercizio della delega portò all’approvazione del D.Lgs. 109/1998[4] che dette vita all’ISEE – indicatore della situazione economica equivalente.

Prima del D.Lgs. 109/1998, sempre nell’ambito del diritto allo studio universitario, il DPCM 30 aprile 1997[5] aveva in pratica sperimentato quello che sarebbe poi stato l’ISEE, con l’introduzione dell’indicatore della condizione economica (ICE) e dell’indicatore della condizione patrimoniale (ICP). Tra le principali innovazioni stabiliva che il patrimonio concorreva per il venti per cento al calcolo dell’indicatore della condizione economica; veniva fissata una scala di equivalenza, diversa però da quella che poi sarà prevista nell’ISEE e venivano definiti due criteri per stabilire se lo studente potesse essere considerato indipendente: residenza fuori dal nucleo familiare di origine dal almeno un anno in un casa non di proprietà di un membro di tale nucleo, e con “redditi da lavoro non inferiore ai 24 milioni di lire con riferimento ad un nucleo familiare convenzionale di tre persone.”




[1] Legge 24 dicembre 1993, n. 537,  “Interventi correttivi di finanza pubblica”.

[2] Decreto Presidenza Consiglio Ministri 13 aprile 1994, “Uniformità di trattamento sul diritto agli studi universitari, ai sensi dell’art.4 della legge 2 dicembre 1991, n. 390”.

[3] Legge 27 dicembre 1997, n. 449, "Misure per la stabilizzazione della finanza pubblica".

[4] Decreto Legislativo 31 marzo 1998, n. 109, “Definizioni di criteri unificati di valutazione della situazione economica dei soggetti che richiedono prestazioni sociali agevolate, a norma dell'articolo 59, comma 51, della legge 27 dicembre 1997, n. 449”.

[5] Decreto Presidenza Consiglio Ministri 30 aprile 1997, “Uniformità di trattamento sul diritto agli studi universitari, ai sensi dell’art.4 della legge 2 dicembre 1991, n. 390”.

[6] Decreto legislativo 3 maggio 2000, n. 130 “Disposizioni correttive ed integrative del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 109, in materia di criteri unificati di valutazione della situazione economica dei soggetti che richiedono prestazioni sociali agevolate”.

[7] Legge 4 novembre 2010, n. 183, “Deleghe al Governo in materia di lavori usuranti, di riorganizzazione di enti, di congedi, aspettative e permessi, di ammortizzatori sociali, di servizi per l'impiego, di incentivi all'occupazione, di apprendistato, di occupazione femminile, nonché' misure contro il lavoro sommerso e disposizioni in tema di lavoro pubblico e di controversie di lavoro”.

[8] Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 9 aprile 2001, “Uniformità di trattamento sul diritto agli studi universitari, ai sensi dell'articolo 4 della legge 2 dicembre 1991, n. 390".

[9] Decreto del Presidente della Repubblica 28 dicembre 2000, n. 445 , "Disposizioni legislative in materia di documentazione amministrativa

[10] L’imposta comunale sugli immobili – ICI – è stata introdotta dal decreto legislativo del 30 dicembre 1992, n. 504 e prevede la determinazione della base imponibile, cioè del valore ICI degli immobili, applicando all'ammontare delle rendite risultanti in catasto i moltiplicatori determinati con i criteri e le modalità previsti dal primo periodo dell'ultimo comma dell'articolo 52 del testo unico delle disposizioni concernenti l'imposta di registro, approvato con decreto del Presidente della Repubblica 26 aprile 1986, n. 131, rivalutatati con vari interventi legislativi successivi. I moltiplicatori variavano da 34 a 100 a seconda delle categorie catastali.

martedì 3 novembre 2020

I rapporti di monitoraggio del Ministero del lavoro e delle politiche sociali

 

Nel primo anno di applicazione della riforma – 2015 – sono stati pubblicati eccezionalmente 4 rapporti, anziché uno, a cadenza trimestrale con lo scopo di agevolare le amministrazioni erogatrici di prestazioni sociali e servizi nell’aggiornare le loro regole per l’accesso e la fornitura dei servizi. In questo primo anno di monitoraggio, quindi, le regole di calcolo dell’ISEE sono quelle del DPCM 159/2013 così come pubblicato e non modificato dalle sentenze del Consiglio di Stato del 2016. Il rapporto di monitoraggio numero 37 (il quarto per l’anno 2015) in realtà è stata una valutazione ex post delle nuove regole ISEE. La scelta di procedere in questo modo anziché fare un confronto tra anno precedente e anno successivo (eccetto dove il dato era evidenziabile solo nel confronto tra gli anni, come per il caso del patrimonio mobiliare) è stata dettata dal fatto che la riforma ha aumentato il turnover delle famiglie che hanno presentato la dichiarazione sostitutiva unica, modificando composizione e dimensione della popolazione tra il prima e il dopo.

In questo rapporto la distribuzione cumulata dell’ISEE ordinario – a livello nazionale – del 2015[1] rispetto alla distribuzione cumulata dell’ISEE che si avrebbe avuto con gli stessi nuclei familiari ma applicando le regole vecchie (ovvero quante famiglie si collocano sotto determinate soglie dell’indicatore, come in questo caso, ogni 1.000 euro) è pressoché identica, malgrado vi sia stato un riordinamento (l’11% non subisce variazioni e di quelli che cambiano il 46% ha un vantaggio dalla riforma); infatti nel mezzogiorno, anche se con differenze non maggiori del 3%, con le nuove regole le famiglie tendono ad avere un ISEE più alto che le colloca nella fascia successiva. Tali spostamenti rispecchiano l’obiettivo della riforma di dare maggiore peso alla componente patrimoniale, passata da un peso del 14,6% al 20,9% dell’indicatore ISEE, in parte a causa alla rivalutazione del patrimonio immobiliare e in parte alla emersione di quello mobiliare. Relativamente a questo ultimo valore, fermo restando le forti differenze a livello territoriale, il nuovo ISEE ha ridotto dal 66,8% al 14,1% le dichiarazioni nelle quali era assente del tutto ogni rapporto finanziario, mentre è raddoppiato il valore medio. Per la sottopopolazione degli ISEE universitari l’impatto è simile in tutte le regioni[2]: « la popolazione al di sotto di ogni data soglia […] è leggermente inferiore dopo la riforma rispetto a quella che ci sarebbe stata in assenza della stessa», con variazioni più significative già con valori bassi di ISEE al sud, mentre con variazioni più marcate per valori più alti di ISEE al nord. Rispetto alla popolazione generale degli ISEE, quella degli universitari è contraddistinta da valori più elevati, di reddito e soprattutto di patrimonio e di conseguenza un ISEE più selettivo sul patrimonio genera un maggiore impatto; rispetto alla generalità in questo caso il 7% non subisce variazioni e di quelli che cambiano il 40% ha un vantaggio dalla riforma.

L’ultimo rapporto di monitoraggio, pubblicato il 6 febbraio 2018 e riguarda gli ISEE del 2016, tiene conto delle sentenze del Consiglio di Stato intervenute nel corso del 2016 che hanno modificato le regole di calcolo nella circostanza in cui sia presente almeno un soggetto disabile nel nucleo familiare e che hanno portato l’INPS a ricalcolare le attestazioni delle dichiarazioni sostitutive uniche che erano già state presentate. Nonostante le modifiche introdotte non sono stati rilevati eccessivi cambiamenti nella distribuzione di frequenza, che adesso vede crescere di un punto la percentuale di presenze nella fascia tra 3.000 e 9.000 euro, “rubato” in ugual misura sulle due code. A livello territoriale però, sotto i 5.000 euro di ISEE, vi sono traslazioni di segno opposto, con il Centro-Nord che vede diminuire la popolazione dell’1,1% mentre nel Mezzogiorno aumenta dello 0,70%. Le nuove regole, poi, hanno comportato una diminuzione del valore ISEE medio soprattutto grazie alle “nuove” maggiorazioni della scala di equivalenza per la presenza di disabili che hanno più che compensato la crescita della componente reddituale e di quella patrimoniale, aumentate rispettivamente del 2,60% e del 3,00%. Un appunto merita anche il patrimonio mobiliare, che vede incrementare il suo valore medio di un 15% e ridursi le dichiarazioni con valori nulli, soprattutto nel Mezzogiorno; evidentemente i controlli formali sulle dichiarazioni sostitutive uniche, che avevano lasciato scoperto oltre metà anno 2015, avevano consentito ancora una sotto dichiarazione di questa componente. Per quanto riguarda in particolare la sottopopolazione degli ISEE universitari, viene confermata la particolarità di nuclei più ricchi rispetto alle altre tipologie di ISEE (il 30% degli ISEE universitari è sotto i 10.000 euro contro il 70% dei non universitari) tuttavia nel 2016, rispetto all’anno precedente, viene registrata un crescita del 18,00% delle attestazioni collocate sotto i 9.000 euro che ha prodotto una riduzione dei valori di media e mediana dell’indicatore. In questo monitoraggio è stata inserita, inoltre, un’analisi relativa alla valutazione dell’effetto emersione del nuovo ISEE, inteso sia come post-compilazione della dichiarazione (ovvero i dati della dichiarazione dei rediti acquisiti direttamente da INPS dalla banca dati dell’Agenzia delle Entrate) sia come controlli di omissione/difformità relativamente alla mancata dichiarazione di rapporti finanziari (conti correnti e libretti di deposito) che è risultato possibile analizzando in longitudinale i dati dei nuclei familiari che hanno presentato le dichiarazioni sostitutive uniche a cavallo della riforma, cioè nel 2014 e nel 2015. Sintetizzando, tale effetto risulta molto più accentuato sugli ISEE bassi e tende a decrescere al cresce dell’indicatore (ad esempio, ha causato una riduzione degli ISEE nulli del 3,00% e ha causato un incremento della frequenza degli ISEE sopra i 30.000 euro dello 0,35%). Lo studio sull’effetto emersione si concentra poi sul patrimonio mobiliare: il 26% delle famiglie ha dichiarato almeno 5.000 euro in più di patrimonio mobiliare rispetto all’anno precedente e nel 90% di queste la causa è imputabile ai controlli implementati con la riforma; mentre il 10% delle attestazioni ISEE presenta un incremento del patrimonio mobiliare rispetto all’anno precedente di almeno 18.000, sempre attribuibile all’effetto emersione.


[1] Seppur la nuova disciplina ISEE ha previsto il caso specifico per l’ISEE per le prestazioni per il diritto allo studio universitario, molto spesso l’ISEE ordinario e quello “universitario” coincidono. Per l’anno accademico 2017-2018, per i richiedenti la borsa di studio all’Università di Pisa, questa sovrapposizione è pari al 98,62%.

[2] Sebbene i valori medi siano molto diversi: nel mezzogiorno il valore medio dell’ISEE sotto i 10.000 euro include il 30,7% dei nuclei familiari mentre al nord include il 17,7%, distanza che continua ad aumentare fino a circa 24.000 euro per poi decrescere.