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domenica 8 novembre 2020

STORIA ISEE

 

 Storia ISEE     

L’indicatore della situazione economica è strettamente collegato al diritto allo studio universitario. E’ infatti proprio nell’ambito della concessione delle borse di studio erogate dall’Opera universitaria di Trento che, su proposta di Gianfranco Cerea, fu abbandonato il criterio di basarsi esclusivamente sul reddito IRPEF introducendo, nei criteri di valutazione della condizione economica della famiglia dello studente, il patrimonio mobiliare e quello immobiliare, che dovevano essere autodichiarati dallo studente.

Il criterio dell’Opera universitaria di Trento fu poi esteso a livello nazionale e sempre nell’ambito del diritto allo studio universitario. Fu infatti la L. 537/1993[1] a stabilire che “l'individuazione delle condizioni economiche [degli studenti] va effettuata tenendo conto anche della situazione patrimoniale del nucleo familiare.”

La ratio che ha portato a considerare il patrimonio nel calcolo della valutazione della condizione economica è che tale componente di benessere può liquidata contribuendo al benessere della famiglia e, inoltre, può risolvere i problemi di asimmetrie informative, indicando casi di “occultamento di reddito da parte del richiedente il beneficio” (Baldini e Toso, 2000).

Il DPCM del 13 aprile 1994[2] – approvato ai sensi dell’art. 4 della L. 390/1991 , che però non contemplava il patrimonio – prevedeva quindi dei dettagliati criteri per la valutazione delle condizioni economiche. Veniva così previsto che, oltre al reddito, sia gli elementi mobiliari che quelli immobiliari dovevano far parte dei criteri di valutazione, “con l'intento di escludere dagli interventi [per il diritto allo studio] le situazioni in cui il nucleo familiare registra un patrimonio particolarmente elevato, anche indipendentemente dall'ammontare del reddito”. Venivano stabiliti i criteri per la determinazione del nucleo familiare e prevista la casistica dello studente indipendente, che poteva prescindere dalle condizioni economiche dei genitori sulla base della residenza, del patrimonio e del reddito e rinviando alle condizioni che le regioni avrebbero poi stabilito.

La proposta di utilizzare uno strumento di valutazione della ricchezza, che andasse oltre il mero dato reddituale, fu fatta, nel 1997, dalla Commissione per l’analisi delle compatibilità macroeconomiche della spesa sociale, istituita dal Governo e detta Commissione Onofri, che proponeva di “ridefinire e uniformare i criteri di misura e accertamento dei mezzi a cui è subordinata l’erogazione delle prestazioni di sicurezza sociale e più in generale dei servizi pubblici”, in modo da trovare un “[equilibrio] fra universalismo, quanto ai beneficiari, e selettività, quanto all’erogazione delle prestazioni”.

Questa proposta fu recepita dal legislatore che inserì nella L. 449/1997[3], all’art. 50 comma 51, una delega al Governo per l’emanazione di “uno o più decreti legislativi per la definizione […] di criteri unificati di valutazione della situazione economica dei soggetti che richiedono prestazioni sociali agevolate nei confronti di amministrazioni pubbliche”. L’esercizio della delega portò all’approvazione del D.Lgs. 109/1998[4] che dette vita all’ISEE – indicatore della situazione economica equivalente.

Prima del D.Lgs. 109/1998, sempre nell’ambito del diritto allo studio universitario, il DPCM 30 aprile 1997[5] aveva in pratica sperimentato quello che sarebbe poi stato l’ISEE, con l’introduzione dell’indicatore della condizione economica (ICE) e dell’indicatore della condizione patrimoniale (ICP). Tra le principali innovazioni stabiliva che il patrimonio concorreva per il venti per cento al calcolo dell’indicatore della condizione economica; veniva fissata una scala di equivalenza, diversa però da quella che poi sarà prevista nell’ISEE e venivano definiti due criteri per stabilire se lo studente potesse essere considerato indipendente: residenza fuori dal nucleo familiare di origine dal almeno un anno in un casa non di proprietà di un membro di tale nucleo, e con “redditi da lavoro non inferiore ai 24 milioni di lire con riferimento ad un nucleo familiare convenzionale di tre persone.”




[1] Legge 24 dicembre 1993, n. 537,  “Interventi correttivi di finanza pubblica”.

[2] Decreto Presidenza Consiglio Ministri 13 aprile 1994, “Uniformità di trattamento sul diritto agli studi universitari, ai sensi dell’art.4 della legge 2 dicembre 1991, n. 390”.

[3] Legge 27 dicembre 1997, n. 449, "Misure per la stabilizzazione della finanza pubblica".

[4] Decreto Legislativo 31 marzo 1998, n. 109, “Definizioni di criteri unificati di valutazione della situazione economica dei soggetti che richiedono prestazioni sociali agevolate, a norma dell'articolo 59, comma 51, della legge 27 dicembre 1997, n. 449”.

[5] Decreto Presidenza Consiglio Ministri 30 aprile 1997, “Uniformità di trattamento sul diritto agli studi universitari, ai sensi dell’art.4 della legge 2 dicembre 1991, n. 390”.

[6] Decreto legislativo 3 maggio 2000, n. 130 “Disposizioni correttive ed integrative del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 109, in materia di criteri unificati di valutazione della situazione economica dei soggetti che richiedono prestazioni sociali agevolate”.

[7] Legge 4 novembre 2010, n. 183, “Deleghe al Governo in materia di lavori usuranti, di riorganizzazione di enti, di congedi, aspettative e permessi, di ammortizzatori sociali, di servizi per l'impiego, di incentivi all'occupazione, di apprendistato, di occupazione femminile, nonché' misure contro il lavoro sommerso e disposizioni in tema di lavoro pubblico e di controversie di lavoro”.

[8] Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 9 aprile 2001, “Uniformità di trattamento sul diritto agli studi universitari, ai sensi dell'articolo 4 della legge 2 dicembre 1991, n. 390".

[9] Decreto del Presidente della Repubblica 28 dicembre 2000, n. 445 , "Disposizioni legislative in materia di documentazione amministrativa

[10] L’imposta comunale sugli immobili – ICI – è stata introdotta dal decreto legislativo del 30 dicembre 1992, n. 504 e prevede la determinazione della base imponibile, cioè del valore ICI degli immobili, applicando all'ammontare delle rendite risultanti in catasto i moltiplicatori determinati con i criteri e le modalità previsti dal primo periodo dell'ultimo comma dell'articolo 52 del testo unico delle disposizioni concernenti l'imposta di registro, approvato con decreto del Presidente della Repubblica 26 aprile 1986, n. 131, rivalutatati con vari interventi legislativi successivi. I moltiplicatori variavano da 34 a 100 a seconda delle categorie catastali.