Nel primo anno di
applicazione della riforma – 2015 – sono stati pubblicati eccezionalmente 4
rapporti, anziché uno, a cadenza trimestrale con lo scopo di agevolare le
amministrazioni erogatrici di prestazioni sociali e servizi nell’aggiornare le
loro regole per l’accesso e la fornitura dei servizi. In questo primo anno di
monitoraggio, quindi, le regole di calcolo dell’ISEE sono quelle del DPCM
159/2013 così come pubblicato e non modificato dalle sentenze del Consiglio di
Stato del 2016. Il rapporto di monitoraggio numero 37 (il quarto per l’anno 2015)
in realtà è stata una valutazione ex post delle nuove regole ISEE. La scelta di
procedere in questo modo anziché fare un confronto tra anno precedente e anno
successivo (eccetto dove il dato era evidenziabile solo nel confronto tra gli
anni, come per il caso del patrimonio mobiliare) è stata dettata dal fatto che la
riforma ha aumentato il turnover delle
famiglie che hanno presentato la dichiarazione sostitutiva unica, modificando
composizione e dimensione della popolazione tra il prima e il dopo.
In questo rapporto la
distribuzione cumulata dell’ISEE ordinario – a livello nazionale – del 2015[1]
rispetto alla distribuzione cumulata dell’ISEE che si avrebbe avuto con gli
stessi nuclei familiari ma applicando le regole vecchie (ovvero quante famiglie
si collocano sotto determinate soglie dell’indicatore, come in questo caso,
ogni 1.000 euro) è pressoché identica, malgrado vi sia stato un riordinamento (l’11%
non subisce variazioni e di quelli che cambiano il 46% ha un vantaggio dalla
riforma); infatti nel mezzogiorno, anche se con differenze non maggiori del 3%,
con le nuove regole le famiglie tendono ad avere un ISEE più alto che le
colloca nella fascia successiva. Tali spostamenti rispecchiano l’obiettivo
della riforma di dare maggiore peso alla componente patrimoniale, passata da un
peso del 14,6% al 20,9% dell’indicatore ISEE, in parte a causa alla
rivalutazione del patrimonio immobiliare e in parte alla emersione di quello
mobiliare. Relativamente a questo ultimo valore, fermo restando le forti
differenze a livello territoriale, il nuovo ISEE ha ridotto dal 66,8% al 14,1%
le dichiarazioni nelle quali era assente del tutto ogni rapporto finanziario,
mentre è raddoppiato il valore medio. Per la sottopopolazione degli ISEE
universitari l’impatto è simile in tutte le regioni[2]:
«
la popolazione
al di sotto di ogni data soglia […] è leggermente inferiore dopo la riforma
rispetto a quella che ci sarebbe stata in assenza della stessa», con variazioni
più significative già con valori bassi di ISEE al sud, mentre con variazioni
più marcate per valori più alti di ISEE al nord. Rispetto alla popolazione
generale degli ISEE, quella degli universitari è contraddistinta da valori più
elevati, di reddito e soprattutto di patrimonio e di conseguenza un ISEE più
selettivo sul patrimonio genera un maggiore impatto; rispetto alla generalità
in questo caso il 7% non subisce variazioni e di quelli che cambiano il 40% ha
un vantaggio dalla riforma.
[1] Seppur
la nuova disciplina ISEE ha previsto il caso specifico per l’ISEE per le
prestazioni per il diritto allo studio universitario, molto spesso l’ISEE
ordinario e quello “universitario” coincidono. Per l’anno accademico 2017-2018,
per i richiedenti la borsa di studio all’Università di Pisa, questa
sovrapposizione è pari al 98,62%.
[2] Sebbene
i valori medi siano molto diversi: nel mezzogiorno il valore medio dell’ISEE
sotto i 10.000 euro include il 30,7% dei nuclei familiari mentre al nord include
il 17,7%, distanza che continua ad aumentare fino a circa 24.000 euro per poi
decrescere.
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